Tre nuovi studi sul cervelletto
GIOVANNI
ROSSI
NOTE E NOTIZIE - Anno XXI – 11 maggio
2024.
Testi
pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di
Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie
o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione
“note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati
fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui
argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione
Scientifica della Società.
[Tipologia del testo: RECENSIONI/AGGIORNAMENTO]
Lo scorso mese di marzo, nel presentare il punto delle conoscenze di Jessica
Bernard sulle interazioni cervelletto-ippocampo[1], abbiamo rilevato come i continui
progressi nelle conoscenze ci obbligassero quasi ogni settimana a presentare un
nuovo studio sulla fisiologia cerebellare, e come ormai si sia affermato quel
cambiamento di visione che noi auspicavamo fin dal 2003, ma che, fino a qualche
anno fa, incontrava ancora resistenza e scetticismo in molti ambienti
accademici italiani.
Nel mese di febbraio abbiamo visto
come la formazione encefalica descritta per la prima volta da Vicq d’Azyr quale
struttura indipendente controlli direttamente la sostanza nera o Substantia
Nigra di Sömmering del mesencefalo, agendo direttamente sulle popolazioni
dopaminergiche connesse, regolando i valori di ricompensa connessi col
movimento[2]. Due settimane
dopo ci siamo occupati dei nuovi meccanismi dei granuli cerebellari[3]. Il 2 di
marzo abbiamo recensito uno studio su un ruolo del nucleo interposito: i
neuroni di questa formazione nucleare generano previsioni che ottimizzano
nel tempo e nella forma la riposta di un movimento condizionato[4].
Oggi presentiamo un aggiornamento attraverso tre studi che colgono tre
aspetti diversi della fisiologia cerebellare; ma prima, come in precedenti occasioni[5], proponiamo un richiamo all’anatomia del cervelletto, che qui si riprende
per la parte relativa alla corteccia da una nostra recensione di quattro anni fa[6] e, per la struttura nucleare, da un altro nostro articolo di tre anni or
sono[7].
Il cervelletto è quella parte dell’encefalo che occupa la fossa
cranica posteriore ed è presente in tutti i vertebrati con uno sviluppo
proporzionato a quello del cervello. Si presenta costituito da tre parti: una
struttura mediana di minore dimensione denominata verme cerebellare,
corrispondente al cervelletto primitivo presente anche nei più bassi vertebrati
(paleocerebello), e due espansioni laterali dette emisferi cerebellari.
È situato nella loggia cerebellare delimitata dal tentorio e si sviluppa
sotto il cervello, dietro il ponte, sopra il bulbo. Il suo diametro trasverso
raggiunge un massimo di dieci centimetri, mentre verticalmente supera raramente
i cinque centimetri per un peso complessivo medio di 140 g, ossia l’ottava
parte del peso del cervello. I solchi del cervelletto consentono di ripartirlo
in tre lobi e numerosi lobuli, accuratamente descritti dagli antichi anatomisti
secondo criteri che non hanno trovato riscontro fisiologico o utilità clinica.
Il
fascino esercitato sugli antichi morfologi dalla struttura corticale
cerebellare costituita da innumerevoli lamelle è stato superiore a quello dell’organizzazione
in rami e ramoscelli diretti ai lobuli della sostanza bianca del centro midollare
o tronco, cui diedero il suggestivo nome di albero della vita. Contrariamente
a quanto creduto da alcuni studiosi contemporanei di storia della medicina,
questa denominazione non trae affatto origine dall’erronea attribuzione al
cervelletto di un ruolo vitale nella fisiologia dell’organismo, ma dall’analogia
morfologica con la tuia (Thuja, L. 1753), una
pianta arborea sempreverde delle Cupressaceae che presenta, al posto di
foglie larghe, verdi diramazioni e sotto-diramazioni multiple costituite da
minuscole scagliette foliacee[8]. A differenza del cervello, in cui la
sostanza bianca ha un’enorme espansione indipendente con le sue strutture
interemisferiche e il centro ovale di Vieussens, entrando solo perifericamente nella
costituzione dei giri corticali, nel cervelletto l’aggregato pirenoforico
corticale segue come un rivestimento tutte le diramazioni della sostanza bianca
che, nell’aspetto morfologico macroscopico delle sezioni dell’organo, appare
come un semplice complemento della preponderante struttura grigia.
La corteccia
del cervelletto ha lo spessore di un millimetro o un millimetro e mezzo, e
al taglio rivela due zone di aspetto differente: 1) uno strato esterno o superficiale
di colore grigio pallido; 2) uno strato interno o profondo dal colorito
tendente al fulvo rossastro, che giustifica la definizione di strato rugginoso.
L’esame
microscopico della corteccia cerebellare consente di distinguere uno strato
esterno o molecolare, che costituisce circa la metà dell’intera struttura e
presenta abbondanza di fibre e scarsità di cellule, e uno strato interno o
granuloso caratterizzato da numerosissime cellule.
Fra queste
due lamine di tessuto grigio si interpone uno strato intermedio o zona
mediana, sottile ma caratterizzata da una fila di neuroni esclusivi del cervelletto
e dalla morfologia inconfondibile: le cellule di Purkinje.
Le cellule
di Purkinje sono disposte a formare una fila abbastanza regolare, anche se a
tratti si notano lievi irregolarità, perché alcuni di questi neuroni inibitori
GABAergici sono dislocati verso la superficie esterna della corteccia, non in
linea con la maggioranza, tanto da meritarsi il nome di “cellule spostate”, con
il quale erano state descritte da Santiago Ramon y Cajal. Le cellule di Purkinje
sono piriformi, con l’asse maggiore di 50-60 micron e una larghezza non superiore
ai 25-30 micron, e presentano al polo superiore, rivolto verso la superficie
esterna della corteccia, un tronco dendritico di grande calibro che si divide
presto in grosse diramazioni principali, dalle quali originano, con una
morfologia che ricorda un po’ quella dei rami della quercia, diramazioni
secondarie e terziarie, che penetrano nello strato molecolare. L’espansione a
ventaglio si risolve in una “lussureggiante arborizzazione che si può seguire
fino alla superficie piale”[9], secondo la descrizione classica. Sui rami si
possono osservare le numerosissime spine dendritiche, che in questi
neuroni sono state accuratamente studiate nell’ultrastruttura al microscopio elettronico.
È interessante la disposizione della fitta arborizzazione dendritica delle cellule
di Purkinje, che Obersteiner paragonò a una pianta di vivaio fatta sviluppare
intorno a un “sostegno a spalliera”, da cui la denominazione di spalliera
dendritica che si adotta attualmente. Questa struttura è infatti disposta
su un piano ortogonale rispetto a quello principale della lamella della
corteccia del cervelletto, per cui si dice che l’arborizzazione a spalliera “si
espande per traverso alla lamella”[10].
Dal polo
opposto o interno della cellula di Purkinje origina il neurite che diventa cilindrasse,
ossia assone rivestito di mielina[11], presentando la caratteristica di un diametro
inferiore a quello del tronco dendritico, all’opposto di quanto accade per la
maggior parte dei neuroni. Dopo un tratto più o meno breve, l’assone emette rami
collaterali, alcuni dei quali terminano nello strato granuloso mentre altri
risalgono come collaterali retrogradi fino al molecolare dove assumono
decorso orizzontale e terminano circondando con una terminazione anulare il
tronco dendritico della stessa cellula, di un’altra o di numerose altre cellule
di Purkinje, realizzando un controllo inibitorio retrogrado dell’input
che arriva dalle sinapsi formate dalle spine della spalliera dendritica con i
neuriti dei neuroni che compongono la citoarchitettonica corticale. Dopo aver
emesso i collaterali, proseguendo il suo percorso, il neurite entra con la
miriade di altri cilindrassi omologhi nella sostanza midollare, dove
costituisce la connessione diretta ai nuclei centrali del cervelletto, ossia la
via cortico-nucleare cerebellare.
In estrema
sintesi la struttura della corteccia cerebellare può essere schematizzata come
segue.
1)
Lo strato molecolare, esterno, caratterizzato
dalla cellula dei canestri: contiene ramificazioni dendritiche delle cellule
di Purkinje, le fibre rampicanti e i rami orizzontali dei neuriti dei
granuli, che costituiscono la maggioranza delle fibre di questo strato.
2)
Lo strato granuloso, interno, caratterizzato
dal tipo neuronico del granulo e dai caratteristici glomeruli cerebellari
nei quali si incontrano le fibre muscoidi e i dendriti dei granuli. Tutto
lo spessore è attraversato da fibre muscoidi e fibre rampicanti, come
da tutte le altre fibre afferenti, e contiene il corpo delle cellule a pennacchio,
particolari elementi della glia descritti per la prima volta da Cajal.
3)
Lo strato intermedio delle cellule di Purkinje
attualmente descritto come parte dello strato molecolare, che è stato
considerato in passato l’elemento base del cervelletto. Infatti, alle singole
cellule di Purkinje, che ricevono segnali dalle fibre rampicanti direttamente e
dalle fibre muscoidi indirettamente per interposizione dei granuli, e forniscono
l’unico output dalla corteccia, è stato dato il nome di “cervelletto
istologico”.
La corteccia del cervelletto è la regione dell’encefalo in cui è stata
stabilita con maggiore precisione la correlazione fra anatomia e fisiologia, e l’affascinante
ricerca che ha portato alla definizione della sua architettura cellulare ha
avuto inizio nel 1888 con gli studi realizzati da Santiago Ramòn y Cajal, usando
il metodo dell’impregnazione argentica di Camillo Golgi, ed è proseguita nel
secolo successivo grazie soprattutto alle osservazioni di sir John C. Eccles e collaboratori.
Dalla scuola di Eccles proveniva Rodolfo R. Llinas, che nel 1975 integrò il suo
contributo sperimentale in una sintesi schematica e concettuale resa in una iconografia
ancora oggi adoperata per illustrare la disposizione nelle tre dimensioni dello
spazio degli elementi che formano i circuiti della corteccia cerebellare[12].
Con questi studi classici fu anche definita la natura delle fibre
muscoidi e delle fibre rampicanti. Entrambi i tipi di assoni sono eccitatori,
ma obbediscono a criteri funzionali differenti e sostanzialmente opposti.
Le fibre rampicanti provengono da formazioni distanti, come il nucleo
olivare inferiore, e ciascuna si dirige verso la cellula di Purkinje che costituisce
il suo specifico bersaglio fin dallo sviluppo embrionario e sulla quale forma
anche più di 300 sinapsi: la scarica della fibra rampicante è estremamente violenta
e fa scomparire ogni attività del neurone di Purkinje, come fu dimostrato già
nel 1964 da Eccles, Sasaki e Llinas.
Le fibre muscoidi, al contrario, eccitano numerose cellule di Purkinje,
formando solo poche sinapsi su ciascuna di esse, e le raggiungono sempre con l’intermediazione
dei piccoli interneuroni detti granuli.
Una descrizione anche sintetica dell’organizzazione funzionale della
corteccia del cervelletto richiederebbe uno spazio di dimensioni sproporzionate
in rapporto al testo e all’oggetto dell’articolo, per cui si rimanda alle
trattazioni di neuroanatomia funzionale, corredate da immagini che consentono
la comprensione dei rapporti reciproci fra cellule e dell’organizzazione
spaziale di questi sistemi neuronici[13].
All’interno della struttura del
cervelletto le lamine midollari confluiscono formando una massa di sostanza
bianca centrale che contiene i tipici quattro nuclei pari: dentato, globoso,
emboliforme e nucleo del tetto.
Il nucleo dentato è il più grande
e laterale dei nuclei, e si presenta come una lamina di neuroni irregolarmente
ripiegata, che racchiude una massa di fibre principalmente costituite da assoni
e dendriti dei neuroni dentati; queste cellule sono di media grandezza (20-30
micron). La sua forma ricorda quella di una borsetta di pelle con l’apertura
rivolta in direzione mediale, e corrispondente all’ilo del nucleo che
contribuisce alla costituzione del peduncolo cerebellare superiore.
Il nucleo globoso (o n.
posteriore interposto) è sito medialmente al nucleo emboliforme ed è continuo con
il nucleo del tetto. Come gli assoni del nucleo dentato e dell’emboliforme le
fibre dei suoi neuroni entrano nella costituzione del peduncolo cerebellare
superiore.
Il nucleo emboliforme (o n. anteriore
interposto) è laterale al nucleo globoso e si continua lateralmente con il
nucleo dentato.
Il nucleo del tetto è
localizzato in prossimità della linea mediana, al margine del tetto del quarto
ventricolo. I neuroni di questo nucleo sono prevalentemente di grandi dimensioni
(40-70 micron) e una gran parte dei loro assoni incrocia nella sostanza bianca
della commessura cerebellare[14]. Dopo la loro decussazione, costituiscono il fascicolo uncinato che
passa dorsalmente al peduncolo cerebellare superiore per giungere al nucleo vestibolare
del lato opposto. Le fibre che non incrociano entrano nel nucleo vestibolare
omolaterale; un piccolo contingente ascende verso il peduncolo cerebellare
superiore[15].
La sperimentazione
recente ha fornito dati molecolari a sostegno degli studi che hanno dimostrato
un ruolo del cervelletto nella fisiologia cognitiva, in particolare modulando
il circuito a ricompensa dopaminergico, il linguaggio e il comportamento
sociale.
I nuclei
del cervelletto possono essere definiti sub-strutture che trasferiscono
informazioni elaborate nel cervelletto da questa sede ad altri territori dell’encefalo.
Un elemento caratteristico della specie umana è il notevole sviluppo della
connessione di questi aggregati grigi con la corteccia cerebrale del lobo
frontale[16].
Passiamo
ora al primo dei tre studi che, nell’insieme, costituiscono un piccolo
aggiornamento temporaneo.
Sonia Turrini e Alessio Avenanti
focalizzano l’attenzione sul ruolo del cervelletto nella vita di relazione, in termini
di partecipazione all’elaborazione cognitiva dell’esperienza.
(Sonia
Turrini e Alessio Avenanti, Cerebellum function: The
chronometry of social perception. Current Biology 34 (9): R340-R343,
May 6, 2024).
La provenienza
degli autori è la seguente: Centro Studi e Ricerche in Neuroscienze Cognitive,
Campus di Cesena, Alma Mater Studiorum Università di
Bologna, Cesena (Italia); Center of Investigation and
Cognitive Neurosciences, Catholic
University of Maule, Talca (Cile).
Il cervelletto posteriore sta sempre più emergendo quale struttura
chiave nella cognizione sociale. Il nuovo studio dimostra un ruolo causale del
cervelletto nella sua partecipazione precoce durante l’elaborazione della percezione
dell’emozione altrui, e analizza la connettività funzionale del cervelletto
con il solco temporale superiore posteriore, una struttura di grande
importanza nell’elaborazione dell’esperienza relazionale, considerata l’hub
corticale del cervello sociale.
Il secondo degli studi qui recensiti ha indagato un aspetto di estremo
interesse per la clinica neurologica: il cervelletto è una sede comune di
lesioni nella sclerosi multipla, dunque molti si sono chiesti se
esistono tratti distintivi del cervelletto in stretto rapporto con la prognosi
della malattia.
Taylor N. Takla e colleghi hanno impiegato un
recente algoritmo di parcellizzazione sviluppato da Han e colleghi nel 2020 per
campionare pazienti affetti da sclerosi multipla e volontari fungenti da controllo,
al fine di studiare i rapporti tra specifiche regioni cerebellari, il livello
di prestazione delle funzioni motorie e cognitive, e lo status di paziente che va
incontro a cadute.
(Takla
T. N. et al., Cerebellar volume measures may differentiate multiple
sclerosis fallers from non-fallers. Research Square – Epub ahead
of print doi: 10.21203/rs.3.rs-4213155/v1, 2024).
La provenienza
degli autori è la seguente: Translational
Neuroscience Program, Wayne State University (USA); BS Neuroscience from
Michigan State University (USA).
Takla e colleghi hanno esaminato 31 pazienti affetti da sclerosi multipla
e 29 volontari sani corrispondenti per sesso ed età e fungenti da controllo,
mediante risonanza magnetica nucleare (MRI, magnetic resonance imaging),
test cognitivi e motori.
Sono emerse differenze significative nelle misure volumetriche tra
pazienti e controlli, in particolare: 1) nel corpo midollare; 2) nei lobuli
I-III; 3) nel lobulo V.
Le differenze volumetriche tra cervelletto affetto da sclerosi multipla e
cervelletto dei controlli erano principalmente dovute ai pazienti con cadute
abituali. È risultato evidente che le prestazioni nei compiti cognitivi e
motori erano strettamente associate al volume del cervelletto.
In conclusione, i risultati emersi da questo studio indicano che i volumi
di lobuli motori e cognitivi sono in rapporto con le prestazioni
motorie e cognitive, e che le prestazioni funzionali cerebellari e i volumi
del cervelletto distinguono i pazienti soggetti a cadere da quelli
che non cadono. In futuro, si dovrà esplorare la possibilità di prevedere,
mediante neuroimmagini MRI, le cadute dei pazienti affetti da sclerosi multipla.
Il terzo e
ultimo degli studi recensiti indaga l’influenza del cervelletto sulla funzione
attentiva selettiva visiva e il suo meccanismo
neuromodulatorio in 210 pazienti con infarti cerebrali lacunari multipli (MLCI).
(Yuan
X. et al., The influence of cerebellum on visual selective attention in
patients with multiple lacunar cerebral infarction and its neuromodulatory
mechanisms. Frontiers in
Human Neuroscience – Epub ahead
of print doi: 10.3389/fnhum.2024.1380739.eCollections, 2024).
La provenienza degli autori
è la seguente: Department of Neurology, Kailuan General Hospital, North China University of
Technology, Tangshan, Hebei (Cina); Key Laboratory of Neurobiological Function
in Hebei Province, Tangshan, Hebei (Cina).
Lo studio
suggerisce che la compromissione della cattura dell’attenzione distratta
è più pronunciata nei pazienti affetti da MLCI. Il cervelletto indirettamente
influenza le reti dell’attenzione fronto-parietale dorsale e ventrale,
modulando i livelli di eccitazione e di inibizione all’interno della corteccia
cerebrale che partecipa alla rete dell’attenzione. Questo dato può rappresentare
un potenziale meccanismo attraverso cui il cervelletto regola, nei pazienti
affetti da MLCI, l’informazione dell’attenzione selettiva visiva.
L’autore della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e
invita alla lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del
sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).
Giovanni
Rossi
BM&L-11 maggio 2024
________________________________________________________________________________
La Società Nazionale
di Neuroscienze BM&L-Italia, affiliata alla International Society of Neuroscience,
è registrata presso l’Agenzia delle Entrate di Firenze, Ufficio Firenze 1, in data
16 gennaio 2003 con codice fiscale 94098840484, come organizzazione scientifica
e culturale non-profit.
[1] Note e Notizie 09-03-24 La
nuova via cervelletto-ippocampo.
[2] Note e Notizie 03-02-24 Il
Cervelletto modula direttamente sostanza nera e ricompensa.
[3] Note e Notizie 17-02-24 Nuovi
meccanismi dei granuli del cervelletto.
[4] Note e Notizie 02-03-24 Un
ruolo del nucleo interposito del cervelletto.
[5] Note e Notizie 30-09-23 Cervelletto in anatomia e filogenesi in 56 specie di
mammiferi; Note
e Notizie 16-09-23 Interneuroni
del cervelletto controllano il consolidamento mnemonico; Note e Notizie 03-02-24 Il cervelletto modula direttamente sostanza nera e
ricompensa.
[6] Note e Notizie 26-09-20 La corteccia
del cervelletto umano è sorprendente.
[7] Note e Notizie 23-01-21 Origine
nel cervelletto delle connessioni cognitive.
[8] Il nome greco θυία vuol dire “cedro” ed è stato dato
per l’odore emanato dal legno di questa pianta. Originaria di Cina, Giappone, Alaska
e regione dei grandi laghi del Nord America, in latino era detta Arbor vitae;
come vuole la legge linguistica del “conservatorismo della periferia”, in America
si è mantenuta la forma latina abbandonata in Europa ed è ancora chiamata arborvitae. L’origine della denominazione della sostanza
bianca cerebellare è riportata nel Trattato di Anatomia Umana di Testut e
Latarjet (vol. III, p. 241, UTET, Torino 1974 e seguenti ristampe), nel quale
la translitterazione dal greco è resa con thuya.
[9] Testut e Latarjet, op. cit., vol.
III, p. 242.
[10] Testut e Latarjet, op. cit., ibidem.
[11] Ricordiamo che fu Purkinje, lo
scopritore di queste cellule, che introdusse il termine “cilindrasse” per
denominare l’assone rivestito da mielina nel sistema nervoso centrale e
distinguerlo dai neuriti delle fibre amieliniche.
[12] Llinas R. R., La corteccia del
cervelletto. Le Scienze 81, maggio 1975, ristampato in Il Cervello –
organizzazione e funzioni (a cura di Angelo Majorana), pp. 120-131, Le
Scienze Editore, Milano 1978.
[13] Note e Notizie 26-09-20 La corteccia
del cervelletto umano è sorprendente.
[14] È interessante notare che non si
tratta di fibre commissurali come quelle del cervello, dove il corpo calloso,
ad esempio, connette punti omotopici dei due emisferi. Anche se si chiamano
commissurali, le fibre del cervelletto semplicemente attraversano la linea
mediana, ma hanno una diversa identità morfo-funzionale.
[15] Note e Notizie 23-01-21 Origine
nel cervelletto delle connessioni cognitive.
[16] Questo richiamo sintetico all’anatomia
cerebellare si trova anche in Note e Notizie
15-10-22 Il cervelletto nella memoria emozionale, in cui si recensisce un interessante studio di Matthias Fastenrath e colleghi.